lunedì 27 febbraio 2012

Polinesia Francese - Mo'orea

Ho fatto il volo aereo più breve della mia vita: 10 min da Tahiti a Mo’orea, Sono arrivata nel Mo’orea Pearl Resort, sulla bellissima laguna che circonda l’isola all’interno del reef. Anche quest’isola è montagnosa, molto verde e piena di coltivazioni di ananas.
Ho fatto un’escursione di gruppo, malgrado non ami gli intruppamenti, ma era l’unico modo per poter visitare la laguna. Ci sono due Baie, la Cook’s Bay e l’Opunoho Bay, con colori di acqua pazzeschi, dal turchese al blu in tutte le sue gradazioni. La gita prevedeva il feeding (dare da mangiare ai pesci) e fare il bagno tra squali, enormi razze e murene. La mia partecipazione è stata limitata a cinque minuti: quando mi sono trovata, mentre galleggiavo, con una razza sotto e una sopra di me, ho pensato che l’esperienza fosse sufficiente…
Approdati in un isolotto che si chiama Le Motu, c’è stato il pic nic. Mi aspettavo una schifezza invece è stato piacevole, con tanto di lezione di cucina polinesiana e di apertura dei cocchi.

Ricetta: pesce crudo alla polinesiana
Mettere in una ciotola grande pezzetti di tonno crudo. Cospargetelo con una tazza di sale fine. Dopo averlo mescolato, versare sopra abbondante acqua e rimescolarlo. Dopo di ciò scolarlo. Rimesso nella ciotola, versare sopra una tazza di lime spremuto, mescolare, e poi aggiungere pezzetti di pomodoro, cipolla e cetriolo (senza la parte centrale). Alla fine grattugiare la polpa di cocco, e, messa in un telo fine, spremerla per ottenere il latte ( questa ultima operazione penso possa essere sostituita dall’acquisto di un paio di confezioni di latte di cocco al Pam…).

venerdì 24 febbraio 2012

Polinesia Francese - Tahiti - 5a tappa

 
Partita dalle Fiji via Auckland sono arrivata a Pape’ete. E ho sperimentato il cambio data: ho dormito per due volte il 22, una a Nadi e una a Pape’ete…finchè non ti capita non ci rifletti! Ovviamente ho dovuto richiamare a Tahiti, perché avevo sbagliato la prenotazione.
Già quando sono salita sull’aereo della Air Tahiti Nui mi hanno dato il fiore tipico (tiarè) per i capelli, poi all’arrivo un altro. Altra sorpresa è stata poter passare il controllo passaporti da cittadino europeo senza problemi e senza visto d’ingresso. Poi band locale che suonava e naturalmente solito panico all’uscita: sarà arrivata Francesca a prendermi? …dopo un po’ l’ho trovata!!! E’ una bellissima ragazza delle Isole Marchesi, amica di amici, proprietaria dell’albergo Tahiti Nui (design hotel molto carino in centro alla città). Starò lì alcuni giorni finché non mi organizzo per andare nelle altre isole della Polinesia.

Il primo giorno l’ho passato, come il solito, a cambiare i soldi nella nuova valuta e poi nelle varie agenzie per prenotare a Mo’orea, Bora Bora e in un’isola delle Tuamotu. Ho deciso di prendere il pass  aereo che mi permette di visitare le Isole della Società e le Tuamotu, senza limiti di tratte… Dopo a piedi ho girato il centro città, lungo il porto. Non è nulla di particolare: solo un bel mercato caratteristico e un paio di parchi lussureggianti. Da uno a un certo punto vedo uscire ed entrare gruppi di uomini ciascuno con una pagaia in mano. Li seguo e arrivo in un’immensa rimessa di lunghe canoe a bilanciere (va’a) dove andavano ad allenarsi. Ho scoperto lo sport nazionale!!!
L’artigianato dell’isola comprende naturalmente i bellissimi e colorati parei e le incredibili perle nere che provengono delle aziende di coltivazione locale.

Ho accompagnato Francesca alla lezione di ballo tahitiano: sotto una tettoia un gruppo di ragazze/signore dimenava il culetto a ritmo di musica locale, martellante a ritmo di tamburi. Divertentissimo. I miei piedi non riuscivano a stare fermi… Poi a cena siamo andate nel ristorante del marito cinese, dove lei lavora: si chiama ovviamente le Mandarin! Sotto c’è anche un night, dove ci siamo fermate un po’ e…suspance…mi hanno invitato a ballare!

Il giorno dopo, un po’ frastornata, sono stata caricata letteralmente in macchina dall’energica amica Titaha e portata a fare il giro dell’isola con il suo pick up: il Musée de Tahiti et des Iles (che storia affascinante e quanti artisti sono passati da qui!), le varie spiagge, le grotte, le cascate…e il Museo Gauguin. Malgrado la bellissima location in riva al mare, purtroppo non è la casa dove ha vissuto (che non esiste più ed era a circa 4 km di distanza) e ci sono pochissime opere originali e tante riproduzioni.
L’isola di Tahiti Nui è molto montagnosa, con spiagge di sabbia finissima nera brillantinata e alcune sono frequentate da surfisti per le grandi onde. Non esistono costruzioni tipiche, però nei vari distretti ci sono molte chiese, colorate e graziose. I nomi sono comici: Puna’aiua, Pa’ea, Papara, Papeari, etc. Le vocali nella lingua tahitiana abbondano, e le sillabe sono semplici, infantili.

Finito il tour verso sera (dura la vita della turista), Francesca è venuta a prendermi con i suoi bambini per andare a vedere lo spettacolo di danza e canti polinesiani all’Intercontinental il più bello delle isole!) e infine siamo andate a cena a Place Vaiete alle famose Roulottes: camioncini che vendono ogni tipo di cibo.

…spotted…
Malgrado queste isole siano sempre state considerate felici, dipinte da Gauguin e descritte da Melville, e la causa dell’ammutinamento del Bounty, ho saputo che hanno uno dei tassi più alti di suicidi del mondo. Quando ho chiesto perché mi hanno risposto: “Qui la gente si uccide per amore!”…

domenica 19 febbraio 2012

Fiji - 4a tappa

Bula Fiji! Un sogno diventato realtà! Ero così emozionata quando sono atterrata... Non è possibile, io qui?
All'aeroporto un gruppo di musicisti a salutare i passeggeri... Poi le solite pratiche doganali (questa volta ho dichiarato perfino che avevo un po' di cioccolata, per non creare equivoci). Però non è previsto che uno non sappia dove va ad abitare e quindi mi hanno portato in un ufficcietto facendomi un terzo grado: dove vai? ccome si chiama il tuo amico? Alla fine solo dopo aver chiamato la sala attesa degli arrivi e parlato con la Mamy che era venuta a prendermi (l’ho saputo dopo!), mi hanno liberata.

Fuori ciclone tropicale e nessuno con un cartello in mano per me: attimo di terrore! E ora cosa faccio? Si sono dimenticati che arrivavo?

Rientro e vedo dietro una colonna due signore con il foglietto con scritto Paola... Wow... Mi hanno abbracciato, messa una collana di fiori intorno al collo (sevusevu) e tutte contente mi hanno portato a casa!
Che posto incredibile! La casa è tutta in legno locale, decorata ovunque da pitture murali, conchiglie, collane... Molto accogliente! Lì ad aspettarmi ho trovato tutta una famiglia di fijiani (la mia nuova famiglia) a farmi festa! Paolina è la capo-famiglia detta ovviamente Mamy.

Dopo un po' il rito di benvenuto con il kava, una bevanda/intruglio tradizionale ricavata da una radice! L'hanno preparata in una ciotolona, mescolando acqua ed estratto della radice. Filtrato tutto con una maglietta (secondo me se l'erano appena tolta) e poi l'hanno versata nei gusci di cocco, tutto con gesti e frasi propiziatorie! Eravamo nel gazebo in giardino (sempre sotto la pioggia), seduti in cerchio con musica fijiana in sottofondo! Ovviamente l'ho bevuto: alla prima impressione il gusto è fangoso, poi ti accorgi che ti comincia a formicolare la lingua... Dovrebbe rilassare e anche far dormire!!! Mi pare non mi abbia fatto gran che: domani sera ne bevo un po' di più!

Per cena Lucy mi ha preparato un pesce buonissimo condito con latte di cocco (lolo), e la tapioca (kassava) che loro usano al posto del pane!
Ha piovuto tutta la notte ininterrottamente, e già mi vedevo alluvionata alle Fiji sui giornali, sopra il tetto della casa ad aspettare i soccorsi… Invece al mio risveglio era già meglio. Ho fatto conoscenza con i simpatici vicini (di Castelfranco Veneto), mi sono fatta una lavatrice da loro e poi  mi hanno invitato anche a pranzo.

Ad aspettarmi a casa un po’ di donne della famiglia dei custodi che sono venute a farmi visita, tutte sedute a terra, dopo un po’ mi hanno anche fatto un massaggio…qui l’ozio è lo sport locale. Un po’ impegnativo ma penso di riuscire ad abituarmi. Devono aver deciso che non è bello lasciarmi sola e ho una serie di programmi con loro per i prossimi giorni: OMG!
Prima di tutto siamo andati al Villaggio di Natalau, dove i miei compaesani (Adriano il proprietario della casa che mi ospita e Ivana e Angelo) hanno costruito un asilo. Mi aspettavano tutti i bambini; secondo me convocati “spontaneamente” per il mio arrivo poiché mi avevano raccontato che con la pioggia se ne presentavano di solito 3-4… La bandiera italiana era issata e un” welcome Paola” mi aspettava all’ingresso: commovente! Mi hanno messo al collo una collana di fiori di frangipane, cantato le canzoni e preparato un rinfresco. Fatte tutte le foto di rito: non mi hanno dato in braccio una bambina che continuava a grattarsi la testa? Mentre mi fotografavano pensavo: ecco, non ho mai preso i pidocchi in 55 anni e li prendo ora alle Fiji…

Una visita alla città di Nati alla ricerca di qualche souvenir caratteristico e un wifi (introvabile, in questo paese!!!) mi ha fatto scoprire che le Fiji erano la patria dei cannibali e il souvenir più richiesto é la forchetta del cannibale: ne ho comprate 3!!! Bellissime, in legno intarsiato e decorate con paglia intrecciata.
In effetti, le Fiji hanno una storia piuttosto avvincente: qui hanno perfino approdato gli ammutinati del Bounty, E’ stata sempre una terra di conquista, per la posizione (sulla rotta dell’Australia) e perché ricca soprattutto di canna da zucchero. Per coltivarla nel 1870 furono portati dai Britannici molti indiani, con contratti di 5 anni, ma che, perché nessuno pagò loro il ritorno in patria, costituiscono oggi quasi il 40% della popolazione. Pur dopo 130 anni che vivono qui, gli indo-fijiani hanno difficoltà di inserimento, malgrado passeggiando per il centro città ci siano più negozi di sari che di parei (sulu).

Naturalmente non sono mai stata sola:camminavo per le strade seguita da una serie di fijiani della “famiglia”…immaginate la scena. Alla fine li ho portati tutti a mangiare da Mc Donald e li ho fatti felici!
Anche il secondo giorno ci siamo mossi in gruppo: che bello! tutti al mare a Natandola Beach, la più  bella spiaggia di Viti Levu (l’isola principale delle Fiji)! Lì hanno costruito un lussuoso albergo con campo da golf, ma la spiaggia è libera e soprattutto non c’era nessuno.

Ora però voglio descrivermi, visto che non c’è nessuno che può farmi una foto. Fiore di ibisco rosso tra i capelli, pareo, distesa su un’amaca di fronte al mio bure (costruzione tipica fijiana di legno e tetto in paglia), di fronte l’Oceano Pacifico con le onde che si infrangono sulla battigia… Sono arrivata questa mattina con il catamarano Yellow Boat che fa servizio tra le isole Yasawa Group. Sono stata calata in mare aperto su un barchino con la mia sacca (e chi conosce la mia agilità in mare, sa come ero agitata…) e portata qui al Botaira Resort, un villaggio di bure, sparso tra la vegetazione, affacciate sul mare blu e azzurro. Qui passerò i prossimi quattro giorno, fuori dal mondo!
Il tempo è scandito dal tamburo: suona per colazione, pranzo, thè pomeridiano e cena. Per il resto non senti nessun rumore se non il frangersi delle onde. Il primo snorkeling è stato un po’ avventuroso: guardinga sono entrata in mare e subito ho messo pinne e maschera… per fortuna perché qui il corallo, bellissimo, arriva fino a riva. Scampato il primo pericolo a un certo punto, mi sono sentita come un filo di alga vicino alla bocca, cerco di toglierlo, niente. Comincia a bruciarmi e riesco a strapparlo ma mi si aggroviglia sul braccio: dolore! Era una medusa filosa bluette, bellissima! Immediatamente ho cominciato a pinnare come una disperata fino a riva, e corsa nel capanno della reception mi hanno subito versato sopra dell’aceto. Risultato: faccia e braccio rossi e gonfi.

Ho prolungato di un giorno: si sta troppo bene! Il “resort” è estremamente spartano ma ha il suo fascino. Faccio snorkeling, leggo, oggi mi sono avventurata fino al villaggio fijiano dall’altra parte dell’isola: passeggiata impegnativa, tra salita e discesa del picco dell’isola e passaggio di una pietraia nell’altra spiaggia, ne sono uscita solo con una storta al piede. In compenso la guida locale mi ha sostenuto tutto il tempo perché era scivolosissimo. Nell’isola vive una comunità di 300 persone, molti bambini, e hanno una bella scuoletta, una chiesa cattolica (con tanto di Bibbia scritta in fijiano) e molte baracche…Mi hanno raggiunto gli amici italiani e così ho un po’ di compagnia (fino ad ora eravamo in 5: io, una coppia di ragazzi australiano-svedese, e una coppia di signori giapponese-americano). Malgrado la mia capacità di tenere su la conversazione in tutte le lingue ho dovuto sviluppare l’argomento tempo in tutte le sue varianti (come dice Jane Austen quando una signora non sa cosa dire e meglio che parli del tempo…).


Gli ultimi giorni a Nadi sono stati tranquilli, dedicati a gironzolare per le varie zone della città a fare ulteriore shopping, e a lavorare un po’…

Ultima sera cena d’addio con tutta la famiglia fijiana, con musica, canti, balli e promessa che ritornerò…Vinaka Fiji!
…spotted… 

Caratteristica della popolazione fijiana è la curiosità. Qualsiasi incontro, dal bigliettaio del bus alla cameriera del ristorante, viene immediatamente seguito da un terzo grado. Da dove vieni? dove vai? In che albergo stai? …ah sei da degli amici, dov’è la casa? Quanto ti fermi? Sei sposata? Hai figli? Quanti anni hai (sic)? Soddisfatti delle tue risposte, solo se complete e con dovizie di particolari, spesso accade che raccontino i fatti tuoi in tua presenza a un amico in fijiano: ti segnano con il dito e capisci che sei tu l’oggetto della conversazione! In più hanno un’ottima memoria e a distanza di anni, quando torni, si ricordano di te…




venerdì 10 febbraio 2012

Ultimo giorno in Australia

Giornata già iniziata malissimo: per colpa di uno stupido shuttle, ho perso l’aereo per Sidney! Ho sbagliato ovviamente a fidarmi di loro, mi sembrava mi facessero partire un po’ troppo tardi, ma non prevedevo che facessero anche il giro di tutta la città dopo avermi prelevato.
Questi australiani sono un po’ tutti naif …che sia un retaggio inglese?

Che nervi! Oltre ad aver pagato una penale, ho dovuto pure aspettare 3 ore in aeroporto come un baccalà. Così sono arrivata a Sidney tardi, giusto in tempo di sistemarmi in albergo e uscire a cena. Per fortuna questo piccolo design hotel( Medusa Hotel) in Darlinghurst Street è meno peggio degli altri. Anche questo costa una follia considerando la struttura e la stanza…
La via parallela, Victoria Street,  è un concentrato di ristoranti divertenti, pieni di gente giovane, musica. Mi sono fermata a Le Passage: cucina creativa innaffiata da un buon bicchiere di vino rosso locale. Il gelato l’ho preso da un certo Messina… mi ha messo in pace con il mondo: una cupoletta di cioccolato all’arancia, che conteneva gelato al pistacchio, con un cuore di cioccolato amaro e un marshmallow rosa …uhmmmmm

giovedì 9 febbraio 2012

Australia - Melbourne

Via Alice Spring sono arrivata a Melbourne. La vista dall’aereo è stata incredibile: questo territorio immenso, senza nessun tipo di urbanizzazione, cambia continuamente colori ed effetti. Dalle venature scure che si stagliano sull’ocra, alle macchie verdi in vicinanza dei corsi d’acqua, fino al candore del deserto… Ho preferito fotografare con i miei occhi: prendere la macchina fotografica sarebbe stato un sacrilegio, un limitare allo scatto l’infinito.

A Melbourne ho trovato subito lo shuttle (ero un po’ preoccupata!!!) che mi aveva prenotato l’amica Carlier, e sono arrivata in un piccolo B&B ricavato da una casa vittoriana...qui mi dovevo preoccupare! Molto caratteristico,nella zona di Fitzroy, peccato che il bagno sia fuori dalla camera, in giardino con due labrador liberi (ovviamente non fanno niente…argh).
Considerato che ci starò tre giorni, vedo il tutto come un incubo!!!

Il primo giorno sono stata con Carlier all’Heide Museum of Modern Art, fuori città, dove c’è un bel sculpture park. Poi in zona Fitzroy, dove ci sono molte gallerie d’arte, ristoranti carini, ecc, sono stata alla Bini Gallery, un delizioso spazio gestito da Lorenza dedicato alla gioielleria contemporanea. E da lì sono partita, camminando alla scoperta della città. Il centro di Melbourne è costruito secondo il reticolo romano, è circondato da parchi ed è costeggiato dallo Jarra River. E’ un mix di architettura moderna e edifici vittoriani, come la grande Flinders Station. Proprio lì vicino c’è The Australian Centre of the Moving Image (architettura destrutturata e giocosa) che ospita vicino la National Gallery of Victoria. All’interno ho visto una collezione di pittura aborigena stupenda ed emozionante!!!
Il secondo giorno sono stata prima al Royal Bothanical Garden, un parco a sud della città, con piante rare e scorci paesaggistici bellissimi. Poi, ho preso il City Circle Tram, gratuito che gira attorno alla città e così ho visto sia il porto fluviale sia il lungo fiume. Un pezzo l’ho fatto a piedi e sono salita fino all’Eureka Tower da cui si vede tutta la città, mare compreso. Il tempo è sempre stato perfetto, sole e arietta, e quindi è valsa la pena passeggiare….
Non ho potuto mancare, da globetrotter qual sono, all’evento della città: l’inaugurazione della nuova mostra “Sensorial Loop” alla Rmit Gallery. Una parte è dedicata al tema del porta- fortuna, sviluppato da artisti Australiani, New Zelandesi e Cileni, dove ognuno degli oggetti esposti è pensato per una particolare situazione di bisogn…Tema curioso!

domenica 5 febbraio 2012

Australia - Uluru (Ayers Rock)

Sveglia all’alba per partenza verso il Northern Territory con volo diretto Quantas fino a Uluru (Ayers Rock).
Atterrare sulla pista rossa, in mezzo al bush australiano e sullo sfondo l’Ayers Rock è emozionante. Subito zelanti ranger hanno smistato gli ospiti e caricati nei pullman. La struttura ricettiva, che comprende vari alberghi, ristoranti, negozi e servizi, dovrebbe essere (secondo la guida) gestita dalla popolazione aborigena locale, in realtà di nativo non ne ho visto uno e la struttura stessa ha meno carattere di un Motel sulla A4:peccato!
Ci sono 40°, raccomandazioni ovunque di bere un litro d’acqua ogni ora (!!!) e avvisi che se nelle camere si trovano insetti e quant’altro, che non voglio pensare, di chiamare subito gli inservienti. Paura!!!
Subito mi sono organizzata due tour, ovviamente carissimi (qui tutto è alle stelle, in più hanno il monopolio, per cui, immaginarsi!)
Il primo è stato nel pomeriggio, sotto un sole cocente (43°). Sono stata prima nel  bush vero e proprio, addentrandomi tra la vegetazione e poi al Kata Tjuta, 36 picchi rossi, che si stagliano all’orizzonte. Lì ho fatto un trekking breve ma intenso tra queste rocce, inerpicandomi per entrare in una gola (Walpa Gorge Walk), e dove ho rischiato il collasso. Poi siamo andati a veder il tramonto a Uluru, in una postazione, dove, muniti di sgabellini per fortuna, siamo rimasti lì sorseggiando un bicchiere di vino bianco gelato!!!
Non contenta, il giorno dopo mi sono alzata alle 4 per andare a vedere l’alba… Sempre solita organizzazione, solo che, invece del vino, c’era il caffè! Alle 7 ero di nuovo in passeggiata con la guida (un ranger di Sidney) attorno all’Ayers Rock. E’ stato interessante sentire le varie storie che gli aborigeni - anangu si tramandano relative a questo sito sacro. La fondazione/creazione della loro cultura si chiama Tjukurpa e tutto quello che è stato creato Tyukurutja. Le generazioni si tramandano la loro cultura attraverso storie, canzoni, danze, cerimonie e disegni. I loro semplici simboli grafici, disegnati con dei bastoncini o con le dita, raccontano situazioni ed eventi. Nella galleria d’arte del Centro Culturale c’erano delle bellissime tele: ne ho presa una piccola 30 X 30 (di una pittrice donna) che rappresenta simbolicamente due donne sedute nel bush attorno al fuoco, con colori forti e ovviamente tutti a puntini! Sono soddisfattissima!!!
E’ un popolo affascinante, peccato che non si facciano vedere… perché molto schivi. Qui c’è una comunità di circa 200 persone, lavorano a stretto contatto con il Board of Monuments, soprattutto sono di aiuto nel gestire, con la loro conoscenza del territorio, il parco. Capisco che con l’afflusso costante di turisti (che comunque economicamente non sono da snobbare) non sia piacevole mettersi in mostra come statuine, ma anche questo distacco un po’ snob rende il tutto meno magico!
…spotted…
Nelle toilette del parco, sulla porta, c’è un cartello con 3 rettangoli di tonalità di giallo diverso: ti chiedono di verificare il colore della tua pipi a quale si riferisce per capire se sei disidratato…

mercoledì 1 febbraio 2012

Australia - Sidney - 3a tappa

Arrivata In Australia!!! Stamattina sono atterrata all’alba, rimbambita dal sonno dopo una notte in volo ovviamente insonne… E subito ho avuto la prima avventura australiana. Ho compilato il modulo per la dogana, crocette tutte sul NO: avete cibo con voi? scarpe con fango (!!!)? etc…
Arrivata al controllo, mi hanno messo con altre 5 persone in fila, tutti i bagagli a terra, e una poliziotta ha fatto una corsetta con un cane al guinzaglio, che subito si è avventato sul mio zaino, con il muso dentro. Arriva un’altra poliziotta, mi prende lo zaino e, tra lo stupore generale, tira fuori una BANANA!!!
A quel punto lodi al cane e ramanzina a me, che rischiavo di contagiare tutte le coltivazioni del paese… Volevo sotterrare! EM e FM che amano ricordare e sottolineare sempre le mie origini rurali, possono ridere.
Mogia mogia, me ne sono andata al taxi e mi sono fatta portare all’hotel: eufemismo, si tratta di un hostal! Pioveva a catinelle, il tassista mi ha lasciato in strada, la valigia con le rotelle ha preso la rincorsa ed ha attraversato la strada da sola; grondante ho suonato il campanello e caracollante sono entrata nella cameretta!
Per fortuna dopo una dormita e una doccia, ero come nuova e mi sono avventurata per la città. Ho preso il treno (qui non si chiama metro) e sono arrivata al porto, tra l’Harbour Bridge e l’Opera House. Vista magnifica malgrado nubi nere ovunque (solite foto da schifo…).
Ho fatto la visita guidata all’interno: struttura entusiasmante, se si pensa che è stata costruita, in calcestruzzo, negli anni 50/60 e finita nel 1973. Penso sia l’unica costruzione moderna World Heritage Site!!! Eppure l’architetto che vinse il concorso e la progettò, il danese Utzon, se ne andò a metà lavori per i soliti problemi tecnici e di moltiplicazione dei costi, e non volle mai più tornare, anche se gli dedicarono una sala e gli diedero infine una laurea ad honoris…che tristezza!
Finita la visita me ne sono andata a passeggiare lungo il Circular Quay e l’Opera Quay, pieni di bar carini con musica. Ma il clou godereccio è stata la cena, nel Pier ristrutturato dove c’è il Blue Hotel, in uno dei ristoranti all’aperto con vista sul porto e sullo skyline notturno della città. Qui una nota a parte sulla bellezza degli uomini locali: sembrano ritoccati con Photoshop! Quando il cameriere fighissimo mi ha chiesto “anything else for you, darling?” volevo rispondergli: youuuuuuuuu!

Il secondo giorno non ha smesso di piovere un attimo! Così ho rinunciato alla gita in ferry alle spiagge e sono andata alla Art Gallery of New South Wales: un bel museo ricco di arte contemporanea internazionale e un’interessante parte dedicata all’arte aborigena, suddivisa per vari gruppi artistici. Mi ha sempre molto affascinato e piaciuta e c’erano alcune tele bellissime (mi piacerebbe averne una, ma dicono che i prezzi sono andati alle stelle: verificherò). Sempre sotto la pioggia sono andata nel quartiere storico della città The Rocks, con belle case ristrutturate, negozi e gallerie d’arte. Mi sono comprata un cappello di camoscio da Crocrodile Dundee, che è splendido. Si piega e si mette in un pratico sacchetto!!!