giovedì 8 marzo 2012

Isola di Pasqua - 6a tappa

Fin dall’arrivo all’aeroporto dell’Isola di Pasqua, ti rendi conto dei forti legami con la Polinesia: stessa struttura a gazebo di legno e stessa corona di fiori di benvenuto, stessa lingua mescolata allo spagnolo… L’isola però è pianeggiante, con lievi declivi di prati verdi. La forma è triangolare, perché si è formata da tre vulcani che stavano alle estremità, e tutt’intorno è circondata da scogliere a picco sull’oceano.
L’albergo dove alloggio è stupendo: completamente ecologico, costruito con materiali dell’isola, e coperto da un manto vegetale con oblò che illuminano parte della camera. Si  chiama Hangaroa ed è leggermente fuori rispetto al paese di Hanga Roa (l’unico dell’isola).

L’impatto con l’isola è stato un po’ traumatico. Sono uscita alle 13 per andare all’ufficio della Lan Airlines nel tentativo di cambiare invano un prossimo volo…. Poi cerco di cambiare i dollari, ma la banca è chiusa e l’unico cambia valute è la pompa di benzina. Mi perdo e sotto un sole accecante, e a stomaco vuoto; fermo un pick up carico di bambini, cani, ecc per informazioni e la ragazza che guida apre la portiera e mi fa salire.  Mi ci porta ma è chiuso per la siesta e riapre alle 15. Decido di non aspettare e quindi ritorno nella via principale per prenotare il tour al parco archeologico. Lì non riesco a pagare con la carta di credito perché hanno tolto la luce per un paio d’ore! Allora cerco un bancomat. Primo tentativo fallito (sempre sotto il sole e senza aver mangiato). Entro in una gelateria dove ho dovuto trattenermi a non rubare un cono meraviglioso a un bambino (continuavo a non avere pesos cileni, ovviamente…) per sapere se c’è un altro bancomat: certo il nuovo Santander. Vado pimpante, metto la carta, scelgo l’importo…funziona…wow…ma si blocca tutto!!! Busso nella banca chiusa dove c’è ancora una signora. Mi dice che devo aspettare perché è alimentato con i pannelli solari e fa fatica a far uscire i soldi. Dopo un bel po’ la carta viene rigettata, senza soldi ma in compenso mi arriva un messaggio che sono stati prelevati: dove saranno??? Sfinita me ne sono tornata all’hotel. Il mana, l’energia dell’isola, dov’era finito?
Il giorno dopo, ripresa, sono andata a fare il tour nel Parque National Rapa Nui. Prima di tutto al Rano  Rarako, il vulcano spento, nel cui cratere c’è un grazioso laghetto. Qui venivano costruiti i moai, utilizzando la pietra vulcanica del sito. Se ne trovano tantissimi, nelle varie fasi di lavorazione: venivano scavati orizzontalmente utilizzando strumenti di basalto (non essendoci metalli nell’isola) e poi fatti rotolare distesi o ruotati sulla loro base (ci sono varie teorie) fino agli ahu, piattaforme cerimoniali. Pare fossero circa 900 in origine. A est del vulcano c’è l’Ahu Tongariki che sostiene ben 15 moai in riva all’oceano. Un’emozione incredibile! Un altro sito interessante è la Bahia la Pérouse, dove oltre a un enorme moai disteso, c’è una pietra perfettamente tonda magnetica, chiamata “l’ombelico del mondo” (forse ha ispirato Jovanotti?).
In tutta l’isola ci sono mohai distesi e in piedi ovunque (questi ultimi, però sono stati sollevati solo in epoca recente!). Interessante è il villaggio cerimoniale di Orongo, intanto per la posizione incredibile, affacciato sull’oceano con alcuni piccoli isolotti di fronte, e per la forma delle case in pietra, ellittiche. Chiaro è il riferimento progettuale della forma dell’hotel dove sto! Vicino c’è il cratere del vulcano Ranu Kao, con interna una verdeggiante palude.

L’ultimo giorno mi sono avviata pimpante al Santander per il recupero dei miei soldi fagocitati dal bancomat solare: niente da fare, devo rivolgermi alla Visa in Italia! Rassegnata, ho deciso di andare al Museo Antropologico, dove c’è l’unico occhio di moai autentico recuperato in corallo bianco: assolutamente imperdibile! Ma dopo mezz’ora di cammino sotto il sole, del museo neanche l’ombra ed io cominciavo ad avere uno strano malessere. Fermo, per indicazioni, l’unica macchina che passa, sgangherata, con a bordo uno strano personaggio, a torso nudo, capello brizzolato a boccoli fino in vita e turbante azzurro in testa. Mi apre la portiera e mi dice che mi ci porta lui! E io, malgrado anni di educazione basata sul terrore dello sconosciuto, cosa ho fatto?...sono salita. Mi chiede se sono sola, e cosa rispondo?...SI…Mi propone di andare a  fare un giro dell’isola con lui e stare insieme…A quel punto mi sono sentita morire, la strada era diventata uno sterrato e poi, come per miracolo ( qualcuno lassù mi guarda!) sono arrivata al Museo e scesa di corsa dalla macchina! Mi ha rincorso per chiedermi di dargli 2000 pesetas, gliene avrei dati ben di più! Questo a dimostrazione che malgrado io sia sempre vigile, il colpo di mona è sempre in agguato.

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