sabato 31 marzo 2012

RITORNO

Ebbene sì, sono tornata!

Passata da Madrid per festeggiare l’amato FM, ho trovato una meravigliosa primavera ma anche uno sciopero (la huelga, la huelga…) che mi ha bloccato un giorno in più. In fondo ne sono stata felice!

Purtroppo questo è il mio ultimo post e vi lascio affezionate lettori: mi mancherete!!!

E’ stato un viaggio bellissimo, intenso, a volte stancante ma sempre entusiasmante. Ho visto con gli occhi e con il cuore e questo sarà indimenticabile. Ci sono paesi, dove mi piacerebbe ritornare altri un po’ meno: ma è normale!
Chissà che prima o poi non ci sia “my second world tour”…quindi ARRIVEDERCI!!!

lunedì 26 marzo 2012

Argentina - Buenos Aires

Che bello arrivare in aeroporto e trovare un amico che ti aspetta!!! Solo dopo mesi di solitudine ti rendi conto di quanto ti sono mancate le tue relazioni sociali. Ho cominciato a parlare, a raccontare… poverino l’ho stordito! Il suo appartamento è nella zona di Puerto Madero e ha una vista bellissima sulla città e sul Rio della Plata. Fortunatamente sono qui durante il weekend così ha potuto dedicarmi (gentilissimo!!!) il suo tempo e mi ha fatto visitare la città e alcuni mercatini caratteristici.
Prima di tutto la zona di San Telmo, piena di negozi di antiquariato, con uno splendido sapore retrò fatto da coppie agée che ballano il tango, cantanti in playback che imitano il grande Gardel, burattinai e venditori di empanadas. E nelle bancarelle gli splendidi sifoni in vetro per il selz, i tappeti di vacca, e i cappelli di cuoio dei gauchos…

Poi siamo andati a Recoleta, con bancarelle di artigianato nel parco, dove il pezzo forte è un albero enorme con rami sinuosi che crescono orizzontalmente e sono sostenuti da una struttura di legno! Lì ci sono alcuni ristoranti carini, dove ci siamo fermati a pranzo al sole.
Una gita stupenda è stata quella al Tigre, dove c’è un altro mercato e soprattutto da lì parte una gita in battello nel delta del Rio della Plata. I detriti portati dal fiume, con gli anni hanno creato una serie di isolotti, collegati solo via acquea, dove ci sono graziose case di legno, con il loro pontile, e alcune aree balneari organizzate. Particolare è la casa dell’ex-presidente Sarniento, una piccola cabaña, completamente racchiusa da un cubo di cristallo a proteggerla. Impressionante invece il colore del fiume dall’aspetto fangoso e la quantità di barche che ci navigano!!!

Un altro luogo inatteso è il Museo National de Arte Decorativo, in una villa in stile liberty dei primi dell’800, con opere di Rodin!!! Nel giardino uno splendido Caffè (Croque Madame), con tavolini sotto gli alberi, fuori dai rumori e dalla bolgia della città.
Buenos Aires è una città molto bella, con grandi viali, palazzi in stile francese imponenti, e molti parchi: l’impressione che ho avuto, grazie alla mia “guida doc”, è stata di un luogo familiare, un po’ naif, dove c’è un’ottima qualità della vita!

Testimonianza del suo opulento passato è anche il Teatro Colon, in stile francese ma con chiari riferimenti progettuali alla Scala di Milano: lì negli anni ‘30 la ricca borghesia dei porteños, si incontrava imitando gli europei…

Imperdibile è il Museo di Evita nella zona di Palermo Viejo: oltre a filmati d’epoca, ci sono i suoi abiti con accessori…L’edificio è grazioso, con un caffè nel giardino interno.

….spotted…
E’ risaputo che a Buenos Aires bisogna andare a vedere uno spettacolo di tango. Ma, andare in una vera milonga porteña (Club Grisel) è una esperienza unica. Arrivano i ballerini, gente comune, tutti tirati a lucido con il loro sacchettino con le scarpe per ballare. Si accomodano in tavoli, donne e uomini separati, e lì inizia il gioco degli sguardi: basta un ammiccamento dell’uomo e un gesto di capo della donna (dalla parte opposta della sala), e subito si forma la coppia. Dopo tre balli, c’è uno stacchetto musicale e si ricomincia cambiando partner! Senza accorgermi ho passato due ore ad ammirare lo spettacolo non solo di ballo ma anche di strategie di corteggiamento… Come vorrei saper ballare il tango!

domenica 25 marzo 2012

Argentina - Mendoza e Cordoba

Piena di aspettative sono arrivata a Mendoza: purtroppo deluse! A parte il panorama dall’aereo, dove vedi come il deserto, di colpo, si trasforma in terreni verdi coltivati, la città è totalmente priva di carattere. Una vita pedonale con i bar all’aperto, delle ampie piazze quadrate…poi basta. Pensavo a una cittadina tipica, immersa tra i vigneti e le cantine, e piena di locali di degustazione; invece le bodegas di vino sono a 20 km dalla città, e anche difficili da raggiungere, se non con tour organizzati (ne ho prenotato uno, ma quando il bus è arrivato in ritardo di un’ora, pieno di gente dicendo che doveva raccogliere visitatori in 10 alberghi della città e poi riportarli… beh li ho mandati al diavolo!!!)
Cordoba, invece, è una città coloniale molto bella. Piena di chiese deliziose, ognuna con differenti caratteristiche e tutte molto ben conservate! La Manzana Jesuitica (manzana nel senso di isolato non di mela…), patrimonio dell’umanità, è composta di una chiesa dalla particolare copertura a botte della navata centrale, costruita con legno del Paraguay, e dalla Universitad National de Cordoba fondata dai Gesuiti. L’università, la più vecchia dell’America Latina, ha avuto un ruolo molto importante nello sviluppo della città e oggi gli studenti sono il 10 % della popolazione.

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E’ impressionante come ancor oggi, in molti luoghi pubblici dell’Argentina, ci siano cartelli con le foto dei desaparecidos durante la “guerra sporca”: per non dimenticare!!!

giovedì 22 marzo 2012

Argentina - El Calafate

Dalla Fin del Mundo ho cominciato a risalire la Patagonia Argentina e sono arrivata a El Calafate, grazioso paese affacciato sul Lago Argentino. Calafate è il nome dell’arbusto verde che si trova nel bush patagonico, il cui frutto è una specie di mirtillo, dolcissimo, con cui producono di tutto, dal liquore alla marmellata.

Tutte le costruzioni, alcune molto belle, sono rivolte verso il lago, di un meraviglioso colore turchese. Anche il mio albergo ha delle stupende vetrate da cui si gode una vista spettacolare a tutte le ore del giorno. A 80 km c’è il famoso Perito Moreno al Parco National los Glaciares. Dopo km di bush patagonico cosparso di bassi cespugli e con i guanachi che ti osservano dalle alture, di colpo, dopo una curva, ti trovi di fronte al ghiacciaio!!! Una emozione incredibile!!! Il contrasto tra il bianco rilucente del ghiaccio, il turchese delle acque del lago (colore creato dalla”farina glaciale”) è abbagliante. Per osservarlo meglio sono salita su un battello che si è avvicinato, e poi, una volta a terra, ho passeggiato nei sentieri con delle balconate che si affacciano sul ghiacciaio. Bellissimi sono i colori e le forme dei picchi di ghiaccio, dal bianco al bluette acceso, con grossi crepacci. Inoltre si sentono continui boati, dovuti a blocchi di ghiaccio che si staccano, perché è un ghiacciaio vivo, che a differenza di altri ( artide ed antartide) cresce ogni anno.
Caratteristica del luogo è il vento pazzesco, tale da far fatica a stare in piedi e da non riuscire a tenere la macchina fotografica ferma, con il risultato che le tantissime foto sono quasi tutte mosse!

Finalmente sono riuscita a conoscere un po’ di viaggiatori piacevoli, con cui ho scambiato impressioni, emozioni e racconti di viaggio! Con il risultato che ho scoperto altre mete interessanti, che mi sono ripromessa di visitare….
Al ritorno, malgrado il continuo vento gelido, siamo andati alla Laguna Nimez all’estremità Nord del paese, a veder i fenicotteri e altre specie di uccelli. Lì vicino c’è l’Estancia Cristina di proprietà della presidentessa argentina, originaria di El Calafate.

sabato 17 marzo 2012

Argentina - Ushuaia - 8a tappa

L’avventura continua. Partita in bus da Punta Arenas a Ushuaia: 12 ore attraversando lo stretto di Magellano a Punta Delgada, il confine a San Sebastian e costeggiando l’Oceano Atlantico.
Il primo tratto di strada è prevalentemente sterrato. L’isola della Tierra del Fuego appartiene metà al Cile e metà all’Argentina ed è in parte pianeggiante. Una volta superato il confine, la strada è asfaltata, cominciano a esserci le estancias con pascoli e campi coltivati e poi un po’ alla volta si entra nella parte montuosa (la strada corre tra dirupi pazzeschi!).
Verso sera il bus, costeggiando il Canale di Beagle, è finalmente arrivato nel porto di Ushuaia. Il paese è grazioso, con costruzioni basse in legno, pieno di negozi di articoli sportivi per le esplorazioni. Solo questo ricorda il passato leggendario fatto da esploratori, missionari, cercatori d’oro e avventurieri di questa regione!

Nel programma che mi ero fatta c’era la visita con trekking al Parco Nazionale. Avevo escluso: corsa con i cani da slitta, kayak tra i leoni marini, canopy tour… (è risaputa la mia poca simpatia per lo sport estremo, dove mi faccio poi sempre male!) Alla mattina purtroppo mi sono svegliata sotto un’incredibile nevicata e le Ande, alle spalle del paese, tutte imbiancate. Sono felicemente passata al piano B e sono andata a vedere i due musei.
Devo dire che mi sta accompagnando in quest’ultima parte del mio viaggio, un libro affascinante: ”Ultimo confine del mondo” di Lucas Bridges. Racconta della sua infanzia in questa terra con il padre missionario e la famiglia, di come è nata Ushuaia, e descrive molto bene la popolazione nativa (gli yaghan). Purtroppo un popolo, che come gli altri di questo territorio, si è prima decimato e poi è scomparso totalmente, una volta venuto in contatto con le malattie trasmesse dai colonizzatori. Il Museo Yamana ne descrive le usanze ed è bello riscontrarle nel libro che sto leggendo. Imperdibile è il documentario proiettato, fatto da Alberto De Agostini (sì, proprio di quella famiglia dei De Agostini…) negli anni ’30, con filmati originali della popolazione autoctona.
L’altro Museo è nella vecchia prigione di stato, attiva dal 1920 al 1947. Dalle foto si apprende che i prigionieri costruirono, oltre alla prigione, in pratica tutta la città, compresa la chiesa, e le infrastrutture della regione!!!

Il giorno dopo il tempo è girato in peggio: pioggia e vento gelido! Però nulla poteva fermarmi dall’andare nella famosa Estancia Harberton, dove visse Bridges. Gli 80 km per arrivarci in pulmino, su strada sterrata e di montagna, sono stati un supplizio (gente che stava male…). Poi, entrata nella Estancia, prima ho visitato un piccolo museo sulla fauna che vive in quelle acque, e poi mi sono imbarcata in un gommone che portava in un’isola nel Canale di Beagle, piena di pinguini, di 3 differenti razze: il magellanico, il reale e il papua! Bellissimi! Nel loro habitat naturale, con i nidi scavati nel terreno…
Un freddo da morire…e questa è la loro estate! Pensavo agli Yaghan (non più di 100 anni fa) che navigavano e pescavano in queste acque con le loro piroghe di corteccia, vestiti solo di un perizomino peloso. Infatti, preferivano cospargersi il corpo di grasso di balena piuttosto che coprirsi con indumenti che presto si sarebbero inzuppati!
Dopo questa esperienza forte, per scaldarmi, sono andata a cena al Bodegon Fueguino: un locale tipico con le panche coperte da pelli di pecora. Purtroppo, e non l’ho notato solo lì, la simpatia non è della Patagonia, sia Cilena sia Argentina. Forse il clima non aiuta, ma non c’è pericolo di ricevere un sorriso o scambiare una parola con i locali: in fondo mi vedono sola, a cena, sorridente…e chiedimi almeno da dove vengo. Come rimpiango i calorosi Fijiani e Polinesiani e il loro chiacchierare!

giovedì 15 marzo 2012

Cile - Punta Arenas

Per andare da Puerto Montt a Punta Arenas, nella Patagonia Meridionale Cilena, ho sorvolato la Cordigliera delle Ande: vette innevate, laghi in quota e ghiacciai. Poi la desolazione…ero arrivata!
Punta Arenas (da Sandy Point, nome dato dai primi esploratori) è sullo Stretto di Magellano ed era una colonia penale cilena. In seguito, però diventò un importante e ricco centro commerciale e i bei palazzi in stile liberty ne sono la testimonianza, Purtroppo sono arrivata il giorno dopo di una grave inondazione, dove tutto il centro è finito sotto cumuli di fango (800 famiglie sono state evacuate…). Impossibile muoversi da qui perché è andato tutto in tilt. Per fortuna il mio albergo è in una zona un po’ in alto e sono riuscita a fare una passeggiata, sguazzando nella melma (per fortuna le mie pedule, color fango, sono rimaste integre…). Il primo bus per la Terra del Fuoco partirà venerdì e ho già prenotato un posto!
Per ammazzare il tempo, sono andata a fare un tour (ero l’unica passeggera!) fino a Puerto del Hambre, che deve il suo nome al fatto che l’avamposto spagnolo insediatasi nel 1500, se ne andò perché moriva di fame… Ho visto dei barconi e ho chiesto a un vecchio cosa si pesca: alghe bianchicce gelatinose, da cui si ricava una sostanza utilizzata nella cosmesi in Giappone (!!!).
Lì vicino c’è anche il Fuerte Bulnes, che non ebbe miglior fortuna nella metà dell’800: il primo accampamento cileno si spostò presto a Punta Arenas, un po’ meno esposta alla furia degli elementi! Per completare questa amena sosta ho visitato il Cimitero Municipale (c’è stato anche Bruce Chatwin!). In effetti ci sono cappelle opulente a dimostrare la ricchezza delle famiglie che qui hanno fatto fortuna: la maggior parte croati, inglesi, tedeschi, italiani…

martedì 13 marzo 2012

Cile - Puerto Montt/Isla de Chiloè

La sosta tecnica a Puerto Montt, dove c’è l’aeroporto, l’ho fatta all’Hostel Tren del Sur, un albergo carinissimo, anche se non confortevole, ricavato dal vecchio dormitorio dei lavoratori della ferrovia, e costruito utilizzando vecchie traversine…
Poi, arditissima, ho preso una macchina a noleggio e sono andata due giorni a Chiloè. E’ una meta che sognavo da anni, di cui ho letto molto attraverso i racconti degli scrittori cileni (che adorooo). E’ un’isola magica, con storie mitologiche fantastiche e paesaggi incredibili: colline verdissime dove pascolano mucche pezzate e pecore, casette di legno tutte colorate, mare e insenature. E’ famosa per le sue chiese di legno, di cui 16 sono inscritte dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Dopo aver preso il traghetto a Pargua, sono andata direttamente a Villupulli, dopo Castro a vedere la prima chiesa. Alla fine di una strada sterrata, in un luogo abbandonato, con di fronte solo 2 pecore enormi, ho trovato questa chiesetta in scandole di legno e una torre snella e delicata. Poi a Castro ho visitato la Iglesia San Francisco, rivestita di fogli di lamiera colorata gialla, e all’interno tutta di legno. Castro è famosa anche per le palafitos, case in legno sull’acqua, tutte coloratissime. Dopo una notte nel paese, e aver degustato a cena il famoso curanto, da cui sono uscita, miracolosamente indenne (una zuppa di carne, salsicce, crostacei e patate), il giorno dopo sono ripartita alla ricerca di altre chiese. Mi sono fermata a Dalcahue dove, oltre alla chiesa di Nuestra Senora de Los Dolores (forse dedicata a EM???), c’è un mercato artigianale dedicato ai lavori a maglia con la lana locale: in comprabili per la ruvidezza anche se i colori, naturali, sono bellissimi!
Poi ho preso un altro traghetto e sono andata nell’Isla Quinchao, dove ci sono altre 3 bellissime chiese, sempre ricoperte di scandole in legno. I paesaggi qui, sono ancora più emozionanti, con insenature blu e pascoli verdissimi.
In serata sono tornata a Puerto Montt per un’altra sosta tecnica… Devo dire che questa esperienza in auto, che un po’ temevo, essendo sola, si è invece rivelata molto entusiasmante!!!

sabato 10 marzo 2012

Cile - Santiago - 7a tappa

Una notte di transito a Santiago del Cile, prima di scendere verso il sud: la Patagonia Cilena.
Nella mattinata sono andata a fare un giro della città e a vedere i luoghi famosi della storia recente cilena. Il Palacio de la Moneda, dove resistette e si “suicidò” Allende, con la sua statua, sono toccanti. Il resto del centro città è prevalentemente in stile neoclassico, senza particolari caratteristiche a parte la vecchia Estacion Mapocho, con struttura di ferro e ghisa costruita in Francia, e il Mercado Central pieno di banchi di pesce fresco. Ovunque ci sono barboni e cani randagi per terra, che la gente scansa indifferente...

…spotted…
Ho scopeto il pisco sour! Cile e Perù si contendono la paternità di questo cocktail fatto con pisco (acquavite) e succo di limon de pica,  e fanno bene perchè trovo sia fantastico!

giovedì 8 marzo 2012

Isola di Pasqua - 6a tappa

Fin dall’arrivo all’aeroporto dell’Isola di Pasqua, ti rendi conto dei forti legami con la Polinesia: stessa struttura a gazebo di legno e stessa corona di fiori di benvenuto, stessa lingua mescolata allo spagnolo… L’isola però è pianeggiante, con lievi declivi di prati verdi. La forma è triangolare, perché si è formata da tre vulcani che stavano alle estremità, e tutt’intorno è circondata da scogliere a picco sull’oceano.
L’albergo dove alloggio è stupendo: completamente ecologico, costruito con materiali dell’isola, e coperto da un manto vegetale con oblò che illuminano parte della camera. Si  chiama Hangaroa ed è leggermente fuori rispetto al paese di Hanga Roa (l’unico dell’isola).

L’impatto con l’isola è stato un po’ traumatico. Sono uscita alle 13 per andare all’ufficio della Lan Airlines nel tentativo di cambiare invano un prossimo volo…. Poi cerco di cambiare i dollari, ma la banca è chiusa e l’unico cambia valute è la pompa di benzina. Mi perdo e sotto un sole accecante, e a stomaco vuoto; fermo un pick up carico di bambini, cani, ecc per informazioni e la ragazza che guida apre la portiera e mi fa salire.  Mi ci porta ma è chiuso per la siesta e riapre alle 15. Decido di non aspettare e quindi ritorno nella via principale per prenotare il tour al parco archeologico. Lì non riesco a pagare con la carta di credito perché hanno tolto la luce per un paio d’ore! Allora cerco un bancomat. Primo tentativo fallito (sempre sotto il sole e senza aver mangiato). Entro in una gelateria dove ho dovuto trattenermi a non rubare un cono meraviglioso a un bambino (continuavo a non avere pesos cileni, ovviamente…) per sapere se c’è un altro bancomat: certo il nuovo Santander. Vado pimpante, metto la carta, scelgo l’importo…funziona…wow…ma si blocca tutto!!! Busso nella banca chiusa dove c’è ancora una signora. Mi dice che devo aspettare perché è alimentato con i pannelli solari e fa fatica a far uscire i soldi. Dopo un bel po’ la carta viene rigettata, senza soldi ma in compenso mi arriva un messaggio che sono stati prelevati: dove saranno??? Sfinita me ne sono tornata all’hotel. Il mana, l’energia dell’isola, dov’era finito?
Il giorno dopo, ripresa, sono andata a fare il tour nel Parque National Rapa Nui. Prima di tutto al Rano  Rarako, il vulcano spento, nel cui cratere c’è un grazioso laghetto. Qui venivano costruiti i moai, utilizzando la pietra vulcanica del sito. Se ne trovano tantissimi, nelle varie fasi di lavorazione: venivano scavati orizzontalmente utilizzando strumenti di basalto (non essendoci metalli nell’isola) e poi fatti rotolare distesi o ruotati sulla loro base (ci sono varie teorie) fino agli ahu, piattaforme cerimoniali. Pare fossero circa 900 in origine. A est del vulcano c’è l’Ahu Tongariki che sostiene ben 15 moai in riva all’oceano. Un’emozione incredibile! Un altro sito interessante è la Bahia la Pérouse, dove oltre a un enorme moai disteso, c’è una pietra perfettamente tonda magnetica, chiamata “l’ombelico del mondo” (forse ha ispirato Jovanotti?).
In tutta l’isola ci sono mohai distesi e in piedi ovunque (questi ultimi, però sono stati sollevati solo in epoca recente!). Interessante è il villaggio cerimoniale di Orongo, intanto per la posizione incredibile, affacciato sull’oceano con alcuni piccoli isolotti di fronte, e per la forma delle case in pietra, ellittiche. Chiaro è il riferimento progettuale della forma dell’hotel dove sto! Vicino c’è il cratere del vulcano Ranu Kao, con interna una verdeggiante palude.

L’ultimo giorno mi sono avviata pimpante al Santander per il recupero dei miei soldi fagocitati dal bancomat solare: niente da fare, devo rivolgermi alla Visa in Italia! Rassegnata, ho deciso di andare al Museo Antropologico, dove c’è l’unico occhio di moai autentico recuperato in corallo bianco: assolutamente imperdibile! Ma dopo mezz’ora di cammino sotto il sole, del museo neanche l’ombra ed io cominciavo ad avere uno strano malessere. Fermo, per indicazioni, l’unica macchina che passa, sgangherata, con a bordo uno strano personaggio, a torso nudo, capello brizzolato a boccoli fino in vita e turbante azzurro in testa. Mi apre la portiera e mi dice che mi ci porta lui! E io, malgrado anni di educazione basata sul terrore dello sconosciuto, cosa ho fatto?...sono salita. Mi chiede se sono sola, e cosa rispondo?...SI…Mi propone di andare a  fare un giro dell’isola con lui e stare insieme…A quel punto mi sono sentita morire, la strada era diventata uno sterrato e poi, come per miracolo ( qualcuno lassù mi guarda!) sono arrivata al Museo e scesa di corsa dalla macchina! Mi ha rincorso per chiedermi di dargli 2000 pesetas, gliene avrei dati ben di più! Questo a dimostrazione che malgrado io sia sempre vigile, il colpo di mona è sempre in agguato.

lunedì 5 marzo 2012

Polinesia Francese - Isole Tuamotu - Tikenau

Dopo i tre giorni tranquilla a Bora Bora mi sono trasferita alle Isole Tuamotu. Sono atterrata a Tikeau su una pista quasi inesistente e sono stata l’unica passeggera a scendere dall’aereo! Mi aspettavano con la solita collana di fiori (poi quando te ne vai, te ne danno una di conchiglie…) e mi hanno portato alla Pension Hotu: cinque bungalow spartanissimi sulla sabbia bianca, sotto le palme e in riva al mare più azzurro che ho visto in vita mia. E’ gestita dalla famiglia di un francese e al momento sono la sola ospite.

Armata di pinne e maschera mi sono subito avvicinata, guardinga, al mare. In quel mentre passavano un allegro gruppo di mini squaletti pinna nera (dov’era la mamma?). Aspetto un po’ e…appena guardo sotto con la maschera …una razza!!! Jacques Cousteau affermò che tra tutti gli atolli del pianeta, quello di Tikeau era sicuramente quello più ricco di pesci: ma vah!

Allora il secondo giorno ho deciso di fare il giro dell’isola in bicicletta: preparo lo zaino, chiedo in prestito un cappello di paglia ad Amande, la ragazza di cucina. Scelgo la bici e mi faccio abbassare il sellino, per essere più comoda. Parto salutata da tutto il personale della pension…e comincio a pedalare. La strada è sterrata e sabbiosa e circonda l’atollo. Costeggio sempre l’acqua, ci sono poche casette, una bella chiesetta nel villaggio (dove però la posta era chiusa perché la postina è incinta e non si sentiva bene...) e tante palme da cocco. Qui l’economia è basata sulla copra: polpa essiccata di noci di cocco da cui si estrae l’olio. Faccio un po’ di foto.
Faceva caldo da morire e dopo un’ora comincio a pensare che sono stata una stupida a non portarmi via da bere, sperando di trovare un chiosco… Finalmente vedo una simpatica Pension e decido di andare a bere lì: era la mia Pension Huto e avevo fatto già fatto i 9 km dell’isola!!! Amanda è uscita dalla cucina sghignazzando “ ma sei già tornata? devi aver pedalato in fretta?” e giù a ridere.

Dandomi un contegno mi butto in mare per fare il bagno: a 5 metri dalla riva mi taglia la strada uno squalo di almeno un metro (forse la mamma di quelli di ieri!)… Tra me e Ariel c’è un abisso e mai termine fu più appropriato!
Il secondo giorno sono andata con il proprietario della Pension e la sua famiglia a fare un bel giro nella laguna con il suo motoscafo. La prima tappa è stata in un punto dove le mante vanno a” farsi pulire la bocca” da dei pesciolini blu: sono bellissime, enormi e….sprezzante del pericolo, questa volta sono rimasta a fare snorkeling vicino. Poi ci siamo fermati in un piccolo motu, con delle piscine naturali, a fare il pic nic. Ernest, mentre il pesce era sulla griglia, ha tagliato dei rami di palma, e li ha intrecciati per utilizzarli come piatti da portata: design stupendo! A riva, intanto, banchettavano con le interiora dei pesci, una quantità incredibile di pescecani…

Il giro ha compreso anche la visita dell’Île d’Eden, dove una comunità religiosa (quattro al momento) vive totalmente autosufficienti, coltivando ogni tipo di pianta e allevando animali. E poi l’Île des Oiseaux, dove abbiamo visto moltissimi nidi con uccelli che nidificano lì!
Sicuramente quest’isola è statala la tappa che mi ha emozionato di più dal punto di vista naturalistico: sarà impossibile dimenticare questi colori, questi pesci (!!!) e questa natura lussureggiante.

Polinesia Francese - Bora Bora

La cosa più bella è vedere questa isola dall’alto arrivando in aereo: una parte centrale montuosa e poi tutt’attorno sul reef una serie di isolotti lunghi (motu) dove ci sono i vari resort di lusso.

L’arrivo all’aeroporto, su uno di questi motu, è molto suggestivo: subito prendi un catamarano che ti porta alla tua destinazione. E’ già un giro bellissimo nella laguna. Non sono andata ai resort esclusivi, ma al Maitai Polynesia dove, grazie a un upgrade, ho avuto una stanza arrampicata sulla collina, con vista mozzafiato! Anche il ristorante sulla sabbia, in riva alla laguna, è carinissimo.
Qui mi sono lasciata prendere dallo spleen locale, chiamato fiu (fatica malinconica…, stanca, annoiata).

Altro termine molto usato è tapu, o tabù (importato nelle altre lingue oltre a tatuaggio da tatau), che indica tutto ciò che è proibito e governava l’antica civiltà polinesiana.

lunedì 27 febbraio 2012

Polinesia Francese - Mo'orea

Ho fatto il volo aereo più breve della mia vita: 10 min da Tahiti a Mo’orea, Sono arrivata nel Mo’orea Pearl Resort, sulla bellissima laguna che circonda l’isola all’interno del reef. Anche quest’isola è montagnosa, molto verde e piena di coltivazioni di ananas.
Ho fatto un’escursione di gruppo, malgrado non ami gli intruppamenti, ma era l’unico modo per poter visitare la laguna. Ci sono due Baie, la Cook’s Bay e l’Opunoho Bay, con colori di acqua pazzeschi, dal turchese al blu in tutte le sue gradazioni. La gita prevedeva il feeding (dare da mangiare ai pesci) e fare il bagno tra squali, enormi razze e murene. La mia partecipazione è stata limitata a cinque minuti: quando mi sono trovata, mentre galleggiavo, con una razza sotto e una sopra di me, ho pensato che l’esperienza fosse sufficiente…
Approdati in un isolotto che si chiama Le Motu, c’è stato il pic nic. Mi aspettavo una schifezza invece è stato piacevole, con tanto di lezione di cucina polinesiana e di apertura dei cocchi.

Ricetta: pesce crudo alla polinesiana
Mettere in una ciotola grande pezzetti di tonno crudo. Cospargetelo con una tazza di sale fine. Dopo averlo mescolato, versare sopra abbondante acqua e rimescolarlo. Dopo di ciò scolarlo. Rimesso nella ciotola, versare sopra una tazza di lime spremuto, mescolare, e poi aggiungere pezzetti di pomodoro, cipolla e cetriolo (senza la parte centrale). Alla fine grattugiare la polpa di cocco, e, messa in un telo fine, spremerla per ottenere il latte ( questa ultima operazione penso possa essere sostituita dall’acquisto di un paio di confezioni di latte di cocco al Pam…).

venerdì 24 febbraio 2012

Polinesia Francese - Tahiti - 5a tappa

 
Partita dalle Fiji via Auckland sono arrivata a Pape’ete. E ho sperimentato il cambio data: ho dormito per due volte il 22, una a Nadi e una a Pape’ete…finchè non ti capita non ci rifletti! Ovviamente ho dovuto richiamare a Tahiti, perché avevo sbagliato la prenotazione.
Già quando sono salita sull’aereo della Air Tahiti Nui mi hanno dato il fiore tipico (tiarè) per i capelli, poi all’arrivo un altro. Altra sorpresa è stata poter passare il controllo passaporti da cittadino europeo senza problemi e senza visto d’ingresso. Poi band locale che suonava e naturalmente solito panico all’uscita: sarà arrivata Francesca a prendermi? …dopo un po’ l’ho trovata!!! E’ una bellissima ragazza delle Isole Marchesi, amica di amici, proprietaria dell’albergo Tahiti Nui (design hotel molto carino in centro alla città). Starò lì alcuni giorni finché non mi organizzo per andare nelle altre isole della Polinesia.

Il primo giorno l’ho passato, come il solito, a cambiare i soldi nella nuova valuta e poi nelle varie agenzie per prenotare a Mo’orea, Bora Bora e in un’isola delle Tuamotu. Ho deciso di prendere il pass  aereo che mi permette di visitare le Isole della Società e le Tuamotu, senza limiti di tratte… Dopo a piedi ho girato il centro città, lungo il porto. Non è nulla di particolare: solo un bel mercato caratteristico e un paio di parchi lussureggianti. Da uno a un certo punto vedo uscire ed entrare gruppi di uomini ciascuno con una pagaia in mano. Li seguo e arrivo in un’immensa rimessa di lunghe canoe a bilanciere (va’a) dove andavano ad allenarsi. Ho scoperto lo sport nazionale!!!
L’artigianato dell’isola comprende naturalmente i bellissimi e colorati parei e le incredibili perle nere che provengono delle aziende di coltivazione locale.

Ho accompagnato Francesca alla lezione di ballo tahitiano: sotto una tettoia un gruppo di ragazze/signore dimenava il culetto a ritmo di musica locale, martellante a ritmo di tamburi. Divertentissimo. I miei piedi non riuscivano a stare fermi… Poi a cena siamo andate nel ristorante del marito cinese, dove lei lavora: si chiama ovviamente le Mandarin! Sotto c’è anche un night, dove ci siamo fermate un po’ e…suspance…mi hanno invitato a ballare!

Il giorno dopo, un po’ frastornata, sono stata caricata letteralmente in macchina dall’energica amica Titaha e portata a fare il giro dell’isola con il suo pick up: il Musée de Tahiti et des Iles (che storia affascinante e quanti artisti sono passati da qui!), le varie spiagge, le grotte, le cascate…e il Museo Gauguin. Malgrado la bellissima location in riva al mare, purtroppo non è la casa dove ha vissuto (che non esiste più ed era a circa 4 km di distanza) e ci sono pochissime opere originali e tante riproduzioni.
L’isola di Tahiti Nui è molto montagnosa, con spiagge di sabbia finissima nera brillantinata e alcune sono frequentate da surfisti per le grandi onde. Non esistono costruzioni tipiche, però nei vari distretti ci sono molte chiese, colorate e graziose. I nomi sono comici: Puna’aiua, Pa’ea, Papara, Papeari, etc. Le vocali nella lingua tahitiana abbondano, e le sillabe sono semplici, infantili.

Finito il tour verso sera (dura la vita della turista), Francesca è venuta a prendermi con i suoi bambini per andare a vedere lo spettacolo di danza e canti polinesiani all’Intercontinental il più bello delle isole!) e infine siamo andate a cena a Place Vaiete alle famose Roulottes: camioncini che vendono ogni tipo di cibo.

…spotted…
Malgrado queste isole siano sempre state considerate felici, dipinte da Gauguin e descritte da Melville, e la causa dell’ammutinamento del Bounty, ho saputo che hanno uno dei tassi più alti di suicidi del mondo. Quando ho chiesto perché mi hanno risposto: “Qui la gente si uccide per amore!”…

domenica 19 febbraio 2012

Fiji - 4a tappa

Bula Fiji! Un sogno diventato realtà! Ero così emozionata quando sono atterrata... Non è possibile, io qui?
All'aeroporto un gruppo di musicisti a salutare i passeggeri... Poi le solite pratiche doganali (questa volta ho dichiarato perfino che avevo un po' di cioccolata, per non creare equivoci). Però non è previsto che uno non sappia dove va ad abitare e quindi mi hanno portato in un ufficcietto facendomi un terzo grado: dove vai? ccome si chiama il tuo amico? Alla fine solo dopo aver chiamato la sala attesa degli arrivi e parlato con la Mamy che era venuta a prendermi (l’ho saputo dopo!), mi hanno liberata.

Fuori ciclone tropicale e nessuno con un cartello in mano per me: attimo di terrore! E ora cosa faccio? Si sono dimenticati che arrivavo?

Rientro e vedo dietro una colonna due signore con il foglietto con scritto Paola... Wow... Mi hanno abbracciato, messa una collana di fiori intorno al collo (sevusevu) e tutte contente mi hanno portato a casa!
Che posto incredibile! La casa è tutta in legno locale, decorata ovunque da pitture murali, conchiglie, collane... Molto accogliente! Lì ad aspettarmi ho trovato tutta una famiglia di fijiani (la mia nuova famiglia) a farmi festa! Paolina è la capo-famiglia detta ovviamente Mamy.

Dopo un po' il rito di benvenuto con il kava, una bevanda/intruglio tradizionale ricavata da una radice! L'hanno preparata in una ciotolona, mescolando acqua ed estratto della radice. Filtrato tutto con una maglietta (secondo me se l'erano appena tolta) e poi l'hanno versata nei gusci di cocco, tutto con gesti e frasi propiziatorie! Eravamo nel gazebo in giardino (sempre sotto la pioggia), seduti in cerchio con musica fijiana in sottofondo! Ovviamente l'ho bevuto: alla prima impressione il gusto è fangoso, poi ti accorgi che ti comincia a formicolare la lingua... Dovrebbe rilassare e anche far dormire!!! Mi pare non mi abbia fatto gran che: domani sera ne bevo un po' di più!

Per cena Lucy mi ha preparato un pesce buonissimo condito con latte di cocco (lolo), e la tapioca (kassava) che loro usano al posto del pane!
Ha piovuto tutta la notte ininterrottamente, e già mi vedevo alluvionata alle Fiji sui giornali, sopra il tetto della casa ad aspettare i soccorsi… Invece al mio risveglio era già meglio. Ho fatto conoscenza con i simpatici vicini (di Castelfranco Veneto), mi sono fatta una lavatrice da loro e poi  mi hanno invitato anche a pranzo.

Ad aspettarmi a casa un po’ di donne della famiglia dei custodi che sono venute a farmi visita, tutte sedute a terra, dopo un po’ mi hanno anche fatto un massaggio…qui l’ozio è lo sport locale. Un po’ impegnativo ma penso di riuscire ad abituarmi. Devono aver deciso che non è bello lasciarmi sola e ho una serie di programmi con loro per i prossimi giorni: OMG!
Prima di tutto siamo andati al Villaggio di Natalau, dove i miei compaesani (Adriano il proprietario della casa che mi ospita e Ivana e Angelo) hanno costruito un asilo. Mi aspettavano tutti i bambini; secondo me convocati “spontaneamente” per il mio arrivo poiché mi avevano raccontato che con la pioggia se ne presentavano di solito 3-4… La bandiera italiana era issata e un” welcome Paola” mi aspettava all’ingresso: commovente! Mi hanno messo al collo una collana di fiori di frangipane, cantato le canzoni e preparato un rinfresco. Fatte tutte le foto di rito: non mi hanno dato in braccio una bambina che continuava a grattarsi la testa? Mentre mi fotografavano pensavo: ecco, non ho mai preso i pidocchi in 55 anni e li prendo ora alle Fiji…

Una visita alla città di Nati alla ricerca di qualche souvenir caratteristico e un wifi (introvabile, in questo paese!!!) mi ha fatto scoprire che le Fiji erano la patria dei cannibali e il souvenir più richiesto é la forchetta del cannibale: ne ho comprate 3!!! Bellissime, in legno intarsiato e decorate con paglia intrecciata.
In effetti, le Fiji hanno una storia piuttosto avvincente: qui hanno perfino approdato gli ammutinati del Bounty, E’ stata sempre una terra di conquista, per la posizione (sulla rotta dell’Australia) e perché ricca soprattutto di canna da zucchero. Per coltivarla nel 1870 furono portati dai Britannici molti indiani, con contratti di 5 anni, ma che, perché nessuno pagò loro il ritorno in patria, costituiscono oggi quasi il 40% della popolazione. Pur dopo 130 anni che vivono qui, gli indo-fijiani hanno difficoltà di inserimento, malgrado passeggiando per il centro città ci siano più negozi di sari che di parei (sulu).

Naturalmente non sono mai stata sola:camminavo per le strade seguita da una serie di fijiani della “famiglia”…immaginate la scena. Alla fine li ho portati tutti a mangiare da Mc Donald e li ho fatti felici!
Anche il secondo giorno ci siamo mossi in gruppo: che bello! tutti al mare a Natandola Beach, la più  bella spiaggia di Viti Levu (l’isola principale delle Fiji)! Lì hanno costruito un lussuoso albergo con campo da golf, ma la spiaggia è libera e soprattutto non c’era nessuno.

Ora però voglio descrivermi, visto che non c’è nessuno che può farmi una foto. Fiore di ibisco rosso tra i capelli, pareo, distesa su un’amaca di fronte al mio bure (costruzione tipica fijiana di legno e tetto in paglia), di fronte l’Oceano Pacifico con le onde che si infrangono sulla battigia… Sono arrivata questa mattina con il catamarano Yellow Boat che fa servizio tra le isole Yasawa Group. Sono stata calata in mare aperto su un barchino con la mia sacca (e chi conosce la mia agilità in mare, sa come ero agitata…) e portata qui al Botaira Resort, un villaggio di bure, sparso tra la vegetazione, affacciate sul mare blu e azzurro. Qui passerò i prossimi quattro giorno, fuori dal mondo!
Il tempo è scandito dal tamburo: suona per colazione, pranzo, thè pomeridiano e cena. Per il resto non senti nessun rumore se non il frangersi delle onde. Il primo snorkeling è stato un po’ avventuroso: guardinga sono entrata in mare e subito ho messo pinne e maschera… per fortuna perché qui il corallo, bellissimo, arriva fino a riva. Scampato il primo pericolo a un certo punto, mi sono sentita come un filo di alga vicino alla bocca, cerco di toglierlo, niente. Comincia a bruciarmi e riesco a strapparlo ma mi si aggroviglia sul braccio: dolore! Era una medusa filosa bluette, bellissima! Immediatamente ho cominciato a pinnare come una disperata fino a riva, e corsa nel capanno della reception mi hanno subito versato sopra dell’aceto. Risultato: faccia e braccio rossi e gonfi.

Ho prolungato di un giorno: si sta troppo bene! Il “resort” è estremamente spartano ma ha il suo fascino. Faccio snorkeling, leggo, oggi mi sono avventurata fino al villaggio fijiano dall’altra parte dell’isola: passeggiata impegnativa, tra salita e discesa del picco dell’isola e passaggio di una pietraia nell’altra spiaggia, ne sono uscita solo con una storta al piede. In compenso la guida locale mi ha sostenuto tutto il tempo perché era scivolosissimo. Nell’isola vive una comunità di 300 persone, molti bambini, e hanno una bella scuoletta, una chiesa cattolica (con tanto di Bibbia scritta in fijiano) e molte baracche…Mi hanno raggiunto gli amici italiani e così ho un po’ di compagnia (fino ad ora eravamo in 5: io, una coppia di ragazzi australiano-svedese, e una coppia di signori giapponese-americano). Malgrado la mia capacità di tenere su la conversazione in tutte le lingue ho dovuto sviluppare l’argomento tempo in tutte le sue varianti (come dice Jane Austen quando una signora non sa cosa dire e meglio che parli del tempo…).


Gli ultimi giorni a Nadi sono stati tranquilli, dedicati a gironzolare per le varie zone della città a fare ulteriore shopping, e a lavorare un po’…

Ultima sera cena d’addio con tutta la famiglia fijiana, con musica, canti, balli e promessa che ritornerò…Vinaka Fiji!
…spotted… 

Caratteristica della popolazione fijiana è la curiosità. Qualsiasi incontro, dal bigliettaio del bus alla cameriera del ristorante, viene immediatamente seguito da un terzo grado. Da dove vieni? dove vai? In che albergo stai? …ah sei da degli amici, dov’è la casa? Quanto ti fermi? Sei sposata? Hai figli? Quanti anni hai (sic)? Soddisfatti delle tue risposte, solo se complete e con dovizie di particolari, spesso accade che raccontino i fatti tuoi in tua presenza a un amico in fijiano: ti segnano con il dito e capisci che sei tu l’oggetto della conversazione! In più hanno un’ottima memoria e a distanza di anni, quando torni, si ricordano di te…




venerdì 10 febbraio 2012

Ultimo giorno in Australia

Giornata già iniziata malissimo: per colpa di uno stupido shuttle, ho perso l’aereo per Sidney! Ho sbagliato ovviamente a fidarmi di loro, mi sembrava mi facessero partire un po’ troppo tardi, ma non prevedevo che facessero anche il giro di tutta la città dopo avermi prelevato.
Questi australiani sono un po’ tutti naif …che sia un retaggio inglese?

Che nervi! Oltre ad aver pagato una penale, ho dovuto pure aspettare 3 ore in aeroporto come un baccalà. Così sono arrivata a Sidney tardi, giusto in tempo di sistemarmi in albergo e uscire a cena. Per fortuna questo piccolo design hotel( Medusa Hotel) in Darlinghurst Street è meno peggio degli altri. Anche questo costa una follia considerando la struttura e la stanza…
La via parallela, Victoria Street,  è un concentrato di ristoranti divertenti, pieni di gente giovane, musica. Mi sono fermata a Le Passage: cucina creativa innaffiata da un buon bicchiere di vino rosso locale. Il gelato l’ho preso da un certo Messina… mi ha messo in pace con il mondo: una cupoletta di cioccolato all’arancia, che conteneva gelato al pistacchio, con un cuore di cioccolato amaro e un marshmallow rosa …uhmmmmm

giovedì 9 febbraio 2012

Australia - Melbourne

Via Alice Spring sono arrivata a Melbourne. La vista dall’aereo è stata incredibile: questo territorio immenso, senza nessun tipo di urbanizzazione, cambia continuamente colori ed effetti. Dalle venature scure che si stagliano sull’ocra, alle macchie verdi in vicinanza dei corsi d’acqua, fino al candore del deserto… Ho preferito fotografare con i miei occhi: prendere la macchina fotografica sarebbe stato un sacrilegio, un limitare allo scatto l’infinito.

A Melbourne ho trovato subito lo shuttle (ero un po’ preoccupata!!!) che mi aveva prenotato l’amica Carlier, e sono arrivata in un piccolo B&B ricavato da una casa vittoriana...qui mi dovevo preoccupare! Molto caratteristico,nella zona di Fitzroy, peccato che il bagno sia fuori dalla camera, in giardino con due labrador liberi (ovviamente non fanno niente…argh).
Considerato che ci starò tre giorni, vedo il tutto come un incubo!!!

Il primo giorno sono stata con Carlier all’Heide Museum of Modern Art, fuori città, dove c’è un bel sculpture park. Poi in zona Fitzroy, dove ci sono molte gallerie d’arte, ristoranti carini, ecc, sono stata alla Bini Gallery, un delizioso spazio gestito da Lorenza dedicato alla gioielleria contemporanea. E da lì sono partita, camminando alla scoperta della città. Il centro di Melbourne è costruito secondo il reticolo romano, è circondato da parchi ed è costeggiato dallo Jarra River. E’ un mix di architettura moderna e edifici vittoriani, come la grande Flinders Station. Proprio lì vicino c’è The Australian Centre of the Moving Image (architettura destrutturata e giocosa) che ospita vicino la National Gallery of Victoria. All’interno ho visto una collezione di pittura aborigena stupenda ed emozionante!!!
Il secondo giorno sono stata prima al Royal Bothanical Garden, un parco a sud della città, con piante rare e scorci paesaggistici bellissimi. Poi, ho preso il City Circle Tram, gratuito che gira attorno alla città e così ho visto sia il porto fluviale sia il lungo fiume. Un pezzo l’ho fatto a piedi e sono salita fino all’Eureka Tower da cui si vede tutta la città, mare compreso. Il tempo è sempre stato perfetto, sole e arietta, e quindi è valsa la pena passeggiare….
Non ho potuto mancare, da globetrotter qual sono, all’evento della città: l’inaugurazione della nuova mostra “Sensorial Loop” alla Rmit Gallery. Una parte è dedicata al tema del porta- fortuna, sviluppato da artisti Australiani, New Zelandesi e Cileni, dove ognuno degli oggetti esposti è pensato per una particolare situazione di bisogn…Tema curioso!

domenica 5 febbraio 2012

Australia - Uluru (Ayers Rock)

Sveglia all’alba per partenza verso il Northern Territory con volo diretto Quantas fino a Uluru (Ayers Rock).
Atterrare sulla pista rossa, in mezzo al bush australiano e sullo sfondo l’Ayers Rock è emozionante. Subito zelanti ranger hanno smistato gli ospiti e caricati nei pullman. La struttura ricettiva, che comprende vari alberghi, ristoranti, negozi e servizi, dovrebbe essere (secondo la guida) gestita dalla popolazione aborigena locale, in realtà di nativo non ne ho visto uno e la struttura stessa ha meno carattere di un Motel sulla A4:peccato!
Ci sono 40°, raccomandazioni ovunque di bere un litro d’acqua ogni ora (!!!) e avvisi che se nelle camere si trovano insetti e quant’altro, che non voglio pensare, di chiamare subito gli inservienti. Paura!!!
Subito mi sono organizzata due tour, ovviamente carissimi (qui tutto è alle stelle, in più hanno il monopolio, per cui, immaginarsi!)
Il primo è stato nel pomeriggio, sotto un sole cocente (43°). Sono stata prima nel  bush vero e proprio, addentrandomi tra la vegetazione e poi al Kata Tjuta, 36 picchi rossi, che si stagliano all’orizzonte. Lì ho fatto un trekking breve ma intenso tra queste rocce, inerpicandomi per entrare in una gola (Walpa Gorge Walk), e dove ho rischiato il collasso. Poi siamo andati a veder il tramonto a Uluru, in una postazione, dove, muniti di sgabellini per fortuna, siamo rimasti lì sorseggiando un bicchiere di vino bianco gelato!!!
Non contenta, il giorno dopo mi sono alzata alle 4 per andare a vedere l’alba… Sempre solita organizzazione, solo che, invece del vino, c’era il caffè! Alle 7 ero di nuovo in passeggiata con la guida (un ranger di Sidney) attorno all’Ayers Rock. E’ stato interessante sentire le varie storie che gli aborigeni - anangu si tramandano relative a questo sito sacro. La fondazione/creazione della loro cultura si chiama Tjukurpa e tutto quello che è stato creato Tyukurutja. Le generazioni si tramandano la loro cultura attraverso storie, canzoni, danze, cerimonie e disegni. I loro semplici simboli grafici, disegnati con dei bastoncini o con le dita, raccontano situazioni ed eventi. Nella galleria d’arte del Centro Culturale c’erano delle bellissime tele: ne ho presa una piccola 30 X 30 (di una pittrice donna) che rappresenta simbolicamente due donne sedute nel bush attorno al fuoco, con colori forti e ovviamente tutti a puntini! Sono soddisfattissima!!!
E’ un popolo affascinante, peccato che non si facciano vedere… perché molto schivi. Qui c’è una comunità di circa 200 persone, lavorano a stretto contatto con il Board of Monuments, soprattutto sono di aiuto nel gestire, con la loro conoscenza del territorio, il parco. Capisco che con l’afflusso costante di turisti (che comunque economicamente non sono da snobbare) non sia piacevole mettersi in mostra come statuine, ma anche questo distacco un po’ snob rende il tutto meno magico!
…spotted…
Nelle toilette del parco, sulla porta, c’è un cartello con 3 rettangoli di tonalità di giallo diverso: ti chiedono di verificare il colore della tua pipi a quale si riferisce per capire se sei disidratato…

mercoledì 1 febbraio 2012

Australia - Sidney - 3a tappa

Arrivata In Australia!!! Stamattina sono atterrata all’alba, rimbambita dal sonno dopo una notte in volo ovviamente insonne… E subito ho avuto la prima avventura australiana. Ho compilato il modulo per la dogana, crocette tutte sul NO: avete cibo con voi? scarpe con fango (!!!)? etc…
Arrivata al controllo, mi hanno messo con altre 5 persone in fila, tutti i bagagli a terra, e una poliziotta ha fatto una corsetta con un cane al guinzaglio, che subito si è avventato sul mio zaino, con il muso dentro. Arriva un’altra poliziotta, mi prende lo zaino e, tra lo stupore generale, tira fuori una BANANA!!!
A quel punto lodi al cane e ramanzina a me, che rischiavo di contagiare tutte le coltivazioni del paese… Volevo sotterrare! EM e FM che amano ricordare e sottolineare sempre le mie origini rurali, possono ridere.
Mogia mogia, me ne sono andata al taxi e mi sono fatta portare all’hotel: eufemismo, si tratta di un hostal! Pioveva a catinelle, il tassista mi ha lasciato in strada, la valigia con le rotelle ha preso la rincorsa ed ha attraversato la strada da sola; grondante ho suonato il campanello e caracollante sono entrata nella cameretta!
Per fortuna dopo una dormita e una doccia, ero come nuova e mi sono avventurata per la città. Ho preso il treno (qui non si chiama metro) e sono arrivata al porto, tra l’Harbour Bridge e l’Opera House. Vista magnifica malgrado nubi nere ovunque (solite foto da schifo…).
Ho fatto la visita guidata all’interno: struttura entusiasmante, se si pensa che è stata costruita, in calcestruzzo, negli anni 50/60 e finita nel 1973. Penso sia l’unica costruzione moderna World Heritage Site!!! Eppure l’architetto che vinse il concorso e la progettò, il danese Utzon, se ne andò a metà lavori per i soliti problemi tecnici e di moltiplicazione dei costi, e non volle mai più tornare, anche se gli dedicarono una sala e gli diedero infine una laurea ad honoris…che tristezza!
Finita la visita me ne sono andata a passeggiare lungo il Circular Quay e l’Opera Quay, pieni di bar carini con musica. Ma il clou godereccio è stata la cena, nel Pier ristrutturato dove c’è il Blue Hotel, in uno dei ristoranti all’aperto con vista sul porto e sullo skyline notturno della città. Qui una nota a parte sulla bellezza degli uomini locali: sembrano ritoccati con Photoshop! Quando il cameriere fighissimo mi ha chiesto “anything else for you, darling?” volevo rispondergli: youuuuuuuuu!

Il secondo giorno non ha smesso di piovere un attimo! Così ho rinunciato alla gita in ferry alle spiagge e sono andata alla Art Gallery of New South Wales: un bel museo ricco di arte contemporanea internazionale e un’interessante parte dedicata all’arte aborigena, suddivisa per vari gruppi artistici. Mi ha sempre molto affascinato e piaciuta e c’erano alcune tele bellissime (mi piacerebbe averne una, ma dicono che i prezzi sono andati alle stelle: verificherò). Sempre sotto la pioggia sono andata nel quartiere storico della città The Rocks, con belle case ristrutturate, negozi e gallerie d’arte. Mi sono comprata un cappello di camoscio da Crocrodile Dundee, che è splendido. Si piega e si mette in un pratico sacchetto!!!

lunedì 30 gennaio 2012

Hong Kong - 2a tappa

Sollievo! Questo ho provato a partire dalla Cina…

Paese sicuramente interessante, affascinante ma difficile! Già il fatto di sentirsi censurati non è piacevole, poi il problema di non riuscire a capirmi con nessuno mi ha spaventato specialmente gli ultimi giorni che ero da sola, senza guida! Il tempo non è stato clemente e il Capodanno Cinese, seppur pittoresco, ha creato un sacco di problemi a livello organizzativo.
Arrivata comunque bene a Hong Kong, stanchissima, a notte fonda!

E subito oggi partita alla scoperta della Hong Kong Island, tra metro e scarpinate che, dato che la città è su colline, si è trattato di un vero trekking! Qui si respira un’aria internazionale: gente di tutto il mondo, vestita dalla tuta da sci allo short con infradito…ma divertente.
Lo vista della baia dal Peak è stata un fiasco perché c’era la nebbia, ma la gita con la grimagliera comunque gradevole. I grattacieli delle Banche sono imponenti e soprattutto vicinissimi l’uno all’altro su queste strette strade, su vari livelli. Ho girato per il centro città, tra lussuosi Mall, e poi fino alle stradine (Cat Street, Hollywood Street) piene di negozi di antiquariato e paccottiglia varia.

Il bello del girare la città con i mezzi pubblici e a piedi è, anche se ogni tanto mi perdo o peggio inciampo perché guardo per aria, che riesco ad appropriarmi della città e di alcune sue dinamiche. A Hong Kong gli edifici sono collegati con passerelle aeree o subway, così si passa da un grattacielo all’altro, tra negozi (Cartier, Hermes, Chanel…and so on) e ristoranti e magicamente ti trovi, quasi sempre, dove volevi arrivare!
Così sono arrivata al porto e ho preso lo Star Ferry per Kowloon. Lo skyline che si vede, malgrado la persistente foschia, è comunque affascinante. Lì poi, sempre a piedi, sono andata passando indenne per Nathan Road dove cercano di venderti gli apparecchi elettronici per niente, fino al Museo di Storia della Città. Ben fatto e utile per capire lo sviluppo della città e le sue vicissitudini, tra inglesi, giapponesi e cinesi…

Per rivivere un po’ di quell’atmosfera coloniale, purtroppo perduta, sono andata al Peninsula Hotel e mi sono fatta un afternoon thé con tanto di alzatina di tramezzini e dolcini.

sabato 28 gennaio 2012

Cina - Pechino 2°

Finalmente libera da zombi-guide e autisti scriteriati, oggi ho cominciato a viaggiare totalmente da sola. Sono tornata a Pechino, anche se il perché non lo sa nessuno… Almeno sono arrivata con il sole, prima volta in 11 gg che sono in Cina! Ho subito avuto il mio primo problema reale con il taxsista, che malgrado l’indirizzo dell’hotel in cinese, ha girato in tondo per mezz’ora imprecando ovviamente in cinese.
Con il sole, sebbene zero gradi, tutto è più bello e finalmente ho visto un po’ la città e i bellissimi nuovi edifici. Sono così incredibili e architettonicamente affascinanti, che ho provato la stessa emozione di quando nel 1981 sono stata per la prima volta negli Stati Uniti.

Ho visitato il Parco Olimpico e il Bird’s Nest, lo stadio fatto da Ai Wei Wei e, con il mio noto fanciullesco entusiasmo non mi sembrava possibile di essere lì, in quel posto che avevo visto alla tv, lontano, lontano, durante le Olimpiadi del 2008 (viste tra l’altro in Uzbekistan…)!
Poi sono andata al 798 Art District, in un’ex area industriale riadattata, dove ci sono gallerie d’arte di tendenza, atelier e caffè. Bella iniziativa, riuso interessante, statue e istallazioni in ogni angolo ma tutto, dico tutto chiuso. Sempre per il famigerato Capodanno Cinese/Festa di Primavera che in Cina è come da noi Ferragosto. In più continuano, giorno e notte a fare scoppiare petardi ovunque …
Dunque…avviso ai naviganti: che non vi venga in mente di andare in Cina in questo periodo dell’anno!!! Pittoresco quanto vuoi, ti fa capire benissimo gli usi e i costumi cinesi, ma che seccatura!

Tornata quindi in albergo prima del previsto me ne sono andata in una spa locale: ho dovuto indossare con ridicolo pigiametto con calzoni a metà polpaccio e poi, con sopra un altro telo (…) mi  hanno fatto il massaggio!
…spotted…
Ho instaurato con i taxisti cinesi un rapporto d’astio pazzesco. Non solo devi girare con tutti gli indirizzi in cinese ovviamente, ma non li sanno leggere, o meglio li interpretano. Arrivano in un posto più o meno vicino a dove devi andare e vogliono farti scendere! Io non scendo e lì comincia una comica scena in cui io in italiano li mando al diavolo, loro probabilmente fanno lo stesso in cinese e rimaniamo fermi per strada. Rifaccio vedere il biglietto e a quel punto sembrano avere la folgorazione, fanno due giri dell’isolato e finalmente arriviamo alla meta (e ogni volta tiro un sospiro di sollievo!) Poi vorrebbe la mancia…

Cina - Guilin

Purtroppo è previsto che la viaggiatrice dorma poco: alzatacce per improbabili aerei all’alba, continuo cambio di albergo e quindi di letto, temperature ingestibili delle stanze e, a capodanno, i fuochi artificiali tutta la notte!!! In aereo poi io collasso, mi risveglio di colpo quando arrivano con le bevande, ricollasso e mi sveglio con la bava alla bocca…
In questa condizione sono arrivata a Guilin, a sud della Cina, fresca coma una rosa, e la guida mi ha portato subito a visitare le Grotte di Flauto di Canne, scalando un migliaio di gradini... Pittoresca meraviglia naturale, enfatizzata da luci colorate: un po’ kitch a mio parere, ma sicuramente d’effetto! Mi sembrava di essere a Disneyworld quando entri con il trenino nelle varie attrazioni….ma qui ero a piedi!
A circa 100 km. da Guilin c’è la contea di Longsheng abitata da una delle 55 minoranze etniche cinesi (Yao). La bellezza del posto è nelle risaie a terrazza e al villaggio di Huanglou, tutto inerpicato e collegato da gradini in pietra, molto scivolosi in questa stagione. Le donne, con strani copri capi imbottiti, girano con gerle sulle spalle, gli uomini pare non facciano niente…forse è solo perché d’inverno non coltivano il riso…diamo loro il beneficio del dubbio! In questo giro della Cina ho, infatti, notato, anche considerando le varie guide che ho avuto e, gli autisti, che le donne sono molto attive, parlano bene l’inglese, si organizzano molto bene, gli uomini invece sembrano sempre, stanchi, annoiati e assenti.
… divagazione, che però mi ha fatto riflettere sullo sviluppo di questo paese…
In questo villaggio ho assaggiato, dopo aver pregato una famiglia del posto di darci da mangiare perché “fuori stagione” non erano organizzati, il riso cotto nel bamboo, messo sulla brace: saporitissimo! Ce l’hanno servito a casa loro, al gelo, ma con uno scaldino sotto la tovaglia per tenere caldi i piedi!!!
Un’altra bella escursione l’ho fatta in barca sul fiume Li che, circondato da montagne a cupoletta, serpeggia tra villaggi di pescatori (famosa la pesca con il cormorano…), fino al paese di Yangshuo. Bello, pieno di negozi caratteristici, patria dei viaggiatori con lo zaino in spalla…infatti si respirava un’aria internazionale. Sicuramente nella bella stagione può essere gradevole come punto di partenza per gite varie; al momento era un po’ sottotono.
…spotted…
Vale sicuramente provare il foot massage cinese, un rito imperdibile molto rilassante!

Cina - Shanghai

Arrivata a Shanghai: questa è una città che mi emoziona! Uno skyline bellissimo fatto da architetture contemporanee incredibili. E’popolatissima (23 milioni di abitanti) ma la viabilità è buona perché solo l’8% delle famiglie possiede l’auto!!! Quando ho chiesto il perché alla mia guida ho ricevuto una risposta incredibile: “ le patenti costano molto e il prezzo varia secondo il numero; se contengono i numeri fortunati 6 -8 -9 sono più costose! Un patente con tre volte 8 può costare una follia!” Pare comunque che i mezzi pubblici funzionino molto bene.
Ho visitato lo Shanghai City Urban Planning Centre, dove si ha una visione di come la città si è sviluppata nell’ultimo secolo e le previsioni per il futuro. Il Piano di sviluppo al 2020 comprende oltre alla costruzione di ulteriori imponenti grattacieli, anche il risanamento di parti vecchie, la costruzione di immense zone residenziali e infrastrutture, tutto con una particolare attenzione alla eco-sostenibilità (speriamo!). Qui hanno lavorato i più grandi architetti contemporanei, però in questo Centre non vengono nemmeno menzionati, e questo mi ha lasciato molto amareggiata.
La vista più bella dello skyline l’ho avuta comunque passeggiando sul Bund, il lungo fiume sull’Huangpu, dove ci sono i vecchi palazzi che una volta erano sedi di banche e compagnie commerciali straniere. Peccato, ancora, che la nebbia e il cattivo tempo non mi abbiano fatto fare delle belle foto: comprerò delle cartoline alla fine del viaggio, sob!
Spinta dalla prode EM (di cui tutti conoscono la propensione alla spesa, sua e di quella degli altri…) sono finita all’Han City Market, famoso per la vendita dei falsi. Intanto ho affrontato il taxi con tanto di biglietto in mano con l’indirizzo scritto in cinese, e poi sono arrivata in questo folle magazzino pieno di venditori di imitazioni di ogni tipo. Ovviamente sono uscita, sfinita dalla trattativa, con una simil Balenciaga rossa Cina (mi sembrava doveroso) che spedirò all’adorata EM!
E’stato molto bello passeggiare tra le vie della China Town, la zona più caratteristica della città, resa ancora più caratteristica da tutte le lanterne colorate di varie forme appese. All’interno c’è lo Yu Garden, un giardino privato molto frammentato, che racchiude angoli suggestivi, che richiamano la tradizione antica cinese. Molto affascinante l’area della Concessione Francese, ora restaurata e piena di ristoranti carini… E poi il tempio dei Due Buddha di Giada, il Museo d’Arte ricco di opere preziose antiche…insomma qui c’è un sacco da vedere!
Ma l’emozione più grande l’ho avuta allo spettacolo degli acrobati di Shanghai, proprio io che ho sempre odiato il circo. Sono ragazzi tutti molto giovani, che vengono presi a 3-4 anni nelle zone rurali della Cina, portati qui a studiare, con borsa di studio e vengono esercitati per anni, finché verso i 12 anni possono andare in scena. La loro vita artistica dura in realtà solo una decina d’anni perché poi non ce la fanno più…ma in quell’ora di spettacolo ti lasciano letteralmente a bocca aperta!!!
Un po’ di glamour in questa città cosmopolita e affascinante me lo sono concesso andando a cena, poiché questa sera è il Capodanno Cinese (e si sente dai botti che ci sono fuori…) all’Art Peace Hotel recentemente restaurato dalla Swatch, che sorge all’angolo tra il Bund e la Nanjing Road, al 5° piano, con vista del fiume e dello skyline notturno della città: una vera figata!

Cina - Xian

Chissà quando riuscirò a postare sul mio blog…mi è stato oscurato! Che emozione!!! Penseranno sia una pericolosa sovversiva; non sanno che, da quando avevo 14 anni, ne ho fatte si tante di rivoluzioni, ma adesso sono stanca…
Sono a Xian, la città più antica della Cina, che ospitò ben 13 dinastie (mentre Pechino solo 2). Ma la sua fama la deve alla recente scoperta dei famosi 8000 Guerrieri di Terracotta: tutti a grandezza naturale, e tutti diversi sia di fisionomia sia di abbigliamento! Si tratta dell’armata del primo imperatore Qin Shi Huang e faceva parte del suo corredo funebre. All’ingresso c’è ancora il contadino, sorridente ma un po’ rimbambito che, scavando un pozzo nei campi nel 1974, fece la scoperta…

Il clima non è migliorato, anzi nevica. Il freddo ti entra nelle ossa e non se ne va più. La passeggiata sulle antiche mura che circondano la città storica, totalmente integre, è stata una ulteriore prova di resistenza: superata! In questo periodo dell’anno c’è il Festival delle Lanterne, coloratissime, fatte in seta, che rappresentano vari soggetti, prevalentemente ispirati alla vita cinese. E a Xian sono state collocate sopra le mura! Bellissime ma difficilmente fotografabili viste la nebbia e la neve… e pure le mie mani congelate.
Ho assaggiato con soddisfazione un’altra specialità cinese: i dumpling. Sono dei tortelli ripieni di vari ingredienti (pollo, riso, gamberetti, verdure, ecc) e cotti sia al vapore sia in brodo: deliziosi!

…spotted…
Cosa ci fanno 2 maschere anti-gas nell’armadio della mia camera d’hotel?

mercoledì 18 gennaio 2012

Cina - Pechino - 1a tappa

Come una novella Marco Polo ho deciso di partire per il mio lungo viaggio di scoperta proprio da dove lui è arrivato: la Cina!
Nell’immaginario collettivo la Cina è collegata alle lanterne rosse e agli incomprensibili ideogrammi … E’ proprio così.
Pechino – Beijing al primo impatto - l’aeroporto - si presenta come una città moderna, organizzata (no code al controllo passaporti e alla consegna bagagli) e un po’ freddina. Al secondo sguardo è gelida a causa dell’inverno, grigia per lo smog e sicuramente la nebbia, con costruzioni assolutamente anonime e grandi strade.
Piazza Tiananmen è enorme, con controlli all’ingresso, e polizia ovunque, schierata, in marcia o a sentinella. Tutti con uniformi perfette, bottoni dorati e cappellini impellicciati. Due mega schermi proiettano immagini ridenti della Cina e slogan politici su sfondo rosso. Sul lato della Piazza c’è la Città Proibita, al cui ingresso s’innalza una grande immagine di Mao.

La Città Proibita è incredibilmente affascinante: immediatamente ho pensato al film l’Ultimo Imperatore e a come dev’essere stata ai tempi delle dinastie Ming e Qing… tutti quei padiglioni, i cortili interni e i passaggi. E i tesori che ci devono essere stati prima di essere depredata! Gli edifici sono tutti in legno e in passato, per scongiurare gli incendi, c’erano ovunque dei tini di bronzo pieni d’acqua.
Ho proseguito la visita in risciò negli hutong  – i vicoli della capitale. Poteva essere interessante se non avessi avuto un freddo tremendo (mentre il pedalatore, con un vago ricordo di denti in bocca, stava tirando gli ultimi…) e se ci fosse stato qualcosa di interessante da vedere a parte appunto la schiena del conducente!

La visita della città si è conclusa nel Tempio del Cielo, detto anche Tempio della Preghiera per il Buon Raccolto, che sorge in un parco molto vasto, meta, ovviamente d’estate, di passeggiate e relax.  Gli edifici sono stati tutti costruiti con una precisa simbologia, per propiziarsi gli dei. Il numero nove, simbolo dell’imperatore e del cielo, si ritrova in molti elementi architettonici, dagli scalini alle colonne.
L’impatto con la cucina locale per il momento è stato poco entusiasmante. Alla mia richiesta di andare solo in posti non turistici, frequentati da locali, mi sono trovata in sale puzzolenti, con menù incomprensibili (per fortuna ogni tanto c’è qualche foto…e allora quel piatto lo scarto subito!), camerieri scortesi, servizio squallido e cibo per fortuna discreto. Ho provato anche la hot pot, una specie di sistema di ciotole, riscaldate dal carbone, che contengono un liquido bollente dove ti cucini la carne. Il vapore e la puzza che si innalzano è indescrivibile, ma indimenticabile ….te le porti dietro per parecchie ore!!!
Anche la cerimonia del thè è pittoresca, se non fosse che alla fine mi sono trovata a comprare una scatoletta di pu-erh thè, dalle incredibili proprietà, tra cui quella di dimagrire, naturalmente purificare e…ringiovanire. Pagato 60 €: no comment!

Secondo giorno a Pechino...
Visitare in questa stagione e con questo clima la Grande Muraglia ha dell’ardito. Mi sono arrampicata malgrado il ghiaccetto sulla pavimentazione, su per scalini e irti pendii … Solo nella mia mente si trattava di un lungo muro in pianura; in realtà si snoda per 6.000 km sui monti per proteggere la Cina dalle popolazioni del Nord. Lo spettacolo, anche con la nebbia, è comunque da mozzare il fiato.
Se non altro in questa stagione non ho dovuto condividere queste visite con i turisti. Se non fosse stato per qualche sparuta gita scolastica, mi sono sempre trovata sola con la mia guida.

Anche il Palazzo d’Estate, che pare sia frequentatissimonella bella stagione dagli abitanti della capitale, ho potuto godermelo in tranquillità, passeggiando lungo il lago sotto il colonnato tutto dipinto.  Fermamente ho rifiutato la passeggiata sul lago ghiacciato: mi sembrava veramente trooooppo!
Di sera, quando stranamente si alza la nebbia, Pechino appare ridente, piena di luci, schermi giganti con video pubblicitari, luminarie natalizie (qui siamo in piena festività visto che il 23 gennaio sarà il Capodanno Cinese): una grande capitale sfavillante e fascinosa!!!




sabato 14 gennaio 2012

partenza

Ecco sono pronta!
Il peso delle valigie un mistero...si vedrà domani all'aeroporto: suspance!
Infilare tre stagioni di straccetti con abbinamenti di scarpe, capi spalla, più scorta di medicine per qualsiasi evenienza  (forse non ho considerato l'ebola..ops), prodotti personali tra cui un iquietante colore per capelli... non è stato facile.
E poi Lonely Plan per ogni paese, libri da leggere pertinenti ( Serrano per il Cile, Renée Hamon per la Polinesia e Chatwin ovviamente per tutto)! Mi basteranno??? Beh avrò nche qualcosa da fare oltre che leggere, noooo?

domenica 8 gennaio 2012

PROGRAM

15/1 - 27/1 CHINA - TOUR
28/1 - 30/1 CHINA - HONG KONG
1/2 - 10/2 AUSTRALIA
11/2 - 22/2 FIJI
23/2 - 5/3 POLINESIA FRANCESE
6/3 - 8/3 ESTER ISLAND
9/3 CHILE - SANTIAGO
10/3 - 12/3 CHILE - PUERTO MONTT
13/3 -15/3 CHILE - PUNTA ARENAS
16/3 - 18/3 ARGENTINA - USHUAIA
19/3 - 20/3 ARGENTINA - EL CALAFETE
21/3 ARGENTINA - MENDOZA
22/3 ARGENTINA - CORDOBA
23/3 – 27/3 ARGENTINA - BUENOS AIRES
28/3 SPAGNA - MADRID
29/3 a casa